Come sopravvivere alla bolla dei Titoli di Stato

11 Gennaio 2011 –  

Il decennio 2000-2010 ha creato un popolo di risparmiatori avversi al rischio. 

Dopo circa 75 anni di salita dell’azionario molti avevano sottovalutato i rischi di questa tipologia d’investimento, ciò perchè con un paniere adeguatamente diversificato dal 1926 al 2000 i rendimenti delle azioni era stato nettamente superiore in quasi tutti i decenni al rendimento dei titoli di Stato.  Ciò aveva fatto ritenere a molti esperti che l’investimento azionario nel lungo termine (almeno un decennio) avesse pochi rischi e molte opportunità.

L’ultimo decennio (definito anche decennio perso) è andato contro questo assunto determinando un cambiamento totale di opinione degli esperti ma anche del pubblico indistinto di risparmiatori.

A ben vedere il decennio perso ci ha portato in una situazione per gli investitori molto migliore della precedente e vi spiego in pochi punti il perchè:

1)l’apertura del mercato dei titoli e lo sviluppo di internet consente l’accesso a informazioni impensabili fino a soli 10 anni fa.

2)le piattaforme aperte come Fineco consentono di acquistare titoli di tanti paesi e di tanti emittenti a prezzi molto competitivi

3)esistono sistemi di certificazione che permettono di identificare i migliori consulenti finanziari presenti sul mercato (efpa-italia è un esempio), persone preparate le cui qualità professionali sono riconosciute da enti sovranazionali.

 

Questa serie di vantaggi disponibili a tutti sono ancora appannaggio di pochi risparmiatori evoluti, ma per fortuna sempre più persone cercano queste informazioni in rete.

Veniamo all’argomento dei titoli di Stato in potenziale bolla speculativa:

“la media storica di rendimento di un titolo decennale è posta intorno al 5%, in quanto deve remunerare sia il tasso d’inflazione fisiologilo (2-3%) sia il rischio emittente che nel lungo termine esiste sempre. Oggi, nonostante i ribassi dell’ultimo trimestre, i rendimenti del BUND -titolo di stato tedesco a 10 anni – o del T-Bond (omologo USA) sono posizionati a ridosso del 3%.  Siccome nel lungo termine tutto tende a riportarsi verso la media statistica, nei prossimi mesi o anni avremo un rialzo dei tassi rilevante ed un rilevante deprezzamento dei titoli di Stato”

Ovviamente il gregge dei risparmiatori al momento è tutto posizionato su titoli di Stato o peggio su Obbligazioni Bancarie a lungo termine……… il bisogno di sicurezza della collettività ha creato una nuova potenziale bolla speculativa pronta ad esplodere.

 

Sopravvivere a questa fase e guadagnarci non è cosa facile, occorre navigare a vista, ed attenzione la scelta della liquidità a basso rendimento difronte ad uno scenario reflazionistico non è opportuna.   Ormai da oltre 3 anni i risparmiatori continuano ad inseguire i tassi dei conti correnti incentivati, ma perchè mai una banca dovrebbe offrirvi un tasso d’interesse maggiore di quello che potrebbe pagare rivolgendosi a un’altra banca ???  Infatti qualsiasi banca prende a prestito i soldi al tasso Euribor, perchè dovrebbe offrirvi il 2 o il 3% se l’euribor è a 1% ???

La globalizzazione ci fornisce alcune risposte che vanno nel senso di investire parte del proprio risparmio su particolari titoli di Stato in valute estere dove i tassi sono già sopra le medie storice, magari coprendoci dal rischio cambio.  Ma è nella diversificazione e nella gestione dei cambiamenti che si generano importanti rendimenti con il denaro, lavorando sui titoli di Stato se il proprio livello di rischio è basso, oppure su valute e mercati azionari se il proprio profilo di rischio è più alto. 

L’equazione di sempre è   più rendimento= più rischio 

Un bravo consulente con una buona diversificazione e lavorando su correlazioni ed inefficienze di mercato può guidarvi alla costruzione e manutenzione  di un portafoglio che a parità di rendimento abbia un rischio minore, o che dato un certo rischio abbia un rendimento maggiore.

La correlazione è uno dei fattori strategici primari nella costruzione di portafoglio, difatti differenti tipologie di titoli rispondono in maniera più o meno diversa agli stessi eventi.  Per esempio in caso di aumento dei tassi d’interesse normalmente i titoli di Stato perdono mentre i titoli finanziari (banche e assicurazioni) salgono.  Studiando le decorrelazioni e valutando i diversi scenari di mercato è possibile costruire portafogli che sfruttano alcune oscillazioni solitamente negative per gli investitori.

Le inefficienze di mercato attengono soprattutto le fasi di Stress, quando i timori relativamente ad alcune tipologie d’investimento diventano eccessive.  Per esempio un improvviso calo delle aspettative d’inflazione fa crollare i titoli inflation linked.  Ciò che per altri genera timori, quindi vendite forzate, diventa opportunità per la mente preparata.

Sopravviverete alla bolla dei titoli di Stato … se ci sarà ??

Con un bravo consulente al vostro fianco avrete maggiori probabiltà di guadagnarci.

Buon investimento a tutti. 

La Germania rielabora il gioco delle tre carte.

24.11.2010 – Con la crisi “annunciata” dell’IRLANDA si apre una nuova fase di volatilità destinata a favorire scelte politiche che perseguono scopi diversi da quelli pubblicati sulle principali testate dei giornali.

L’antefatto:  — per molti anni l’Irlanda è stata indicata come un esempio positivo tra i paesi dell’UE.  In particolare le agevolazioni fiscali l’avevano resa meta preferita del turismo economico, sono fiorite una serie di società di investimento di diritto irlandese di proprietà di Banche Italiane e molti istituti finanziari per sfuggire alle alte imposizioni ne avevano fatto la loro sede principale. Queste scelte di politica fiscale, unite a una burocrazia zero, avevano favorito una crescita economica senza eguali ed un boom del mercato immobiliare.

Ma anche le  bugie economiche hanno le gambe corte, è bastata una leggera depressione economica per generare deficit di bilancio enormi e mettere in crisi il bilancio di un paese che aveva generato intanto una spesa pubblica sproporzionata rispetto all’economia reale. —

NOn appena avuta la notizia la Cancelliera Tedesca e il Premier Francese sono intervenuti per parlare della criticità della situazione, ma avvertivano che — c’è già la soluzione — sarebbe intervenuto il fondo di Garanzia finanziato dai paesi UE.

Il reale motivo di tale repentino interesse risiede in fatti mai citati da questi signori : la maggior parte del debito pubblico Irlandese è detenuto proprio da Banche Tedesche e Francesi. Solo lo 0,4% circa sarebbe detenuto da Banche italiane.  

Quindi, siccome finanziamo anche noi il fondo di garanzia, ciò significa che stiamo pagando soldi per risolvere i problemi che — in primis — avrebbero avuto proprio i governi tedesco e francese, chiamati ad intervenire sul salvataggio delle Banche tedesche e francesi. 

Il secondo motivo della sottolineatura della gravità della situazione da parte della Germania risiede nella necessità di influire sul Cambio  Euro – Dollaro USa.

Nella inesistenza di possibilità di intervento da parte della BCE sul tema dei cambi (non rientra tra i suoi compiti e non ha strumenti) la crisi irlandese è proprio capitata ad hoc.

Con questa abile manovra diversiva si è imposto un argomento negativo per deprezzare l’euro accrescendo la competitività delle aziende Tedesche che, come sappiamo, devono la loro performance positiva alle esportazioni verso l’area Asiatica.

Insomma con i soldi di altri stanno cercando di salvare le banche tedesche e francesi agevolando anche le aziende tedesche con un tasso di cambio momentaneamente più basso. 

Anche la crisi Irlandese si inserisce nella cosiddetta GUERRA VALUTARIA oggetto dei capitoli precedenti, nei quali tutto ciò he avevamo previsto si è verificato. 

Per questo motivo credo che si tratti di una rielaborazione del –gioco delle tre carte –, il famoso gioco nel quale mescolando le carte si cerca di nascondere la verità, perseguendo il reale scopo.

Lo scopo di questi signori non è un’Europa più forte ma la supremazia economica e politica da affermare stavolta non con le armi ma con la finanza.

Per capire come approfittare di questi eventi economici e realizzare dei guadagni potete contattarci ai numeri indicati al link – contattaci – sulla Homepage.    

Il varo della seconda manovra di quantitative easing e le implicazioni economiche.

09.11.2010 – Mercoledi la FED con la manovra nota come QE2 (quantitative easing 2) ha approvato lo stanziamento di 600 miliardi di dollari da stampare per acquisire titoli del governo americano per monetizzare l’economia e tenere i tassi bassi.

Con questa decisione, in linea e leggermente meglio di quanto si aspettava il mercato, si svolgerà nei prossimi 8 mesi mediante un acquisto di 110 miliardi USD al mese, molto più della somma del pacchetto di stimoli varato da Obama per far fronte allo scoppio della crisi che era di 100 miliardi al trimestre.
Il mercato azionario ha digerito la notizia dapprima impassibile (la manovra era gia ampiamente scontata), poi rompendo (lo S&P 500) al rialzo oltre 1200. Il mercato obbligazionario a lunga scadenza ha invece visto inizialmente un aumento dei rendimenti contrariamente a quello che ci si sarebbe dovuti aspettare, forse perchè alcuni operatori e banche centrali ne stanno approfittando per liberarsi di alcune scadenze lunghe.
Non c’è molto da dire, la FED ha semplicemente agito con i mezzi a sua disposizione per raggiungere gli obiettivi che le sono stati assegnati: piena occupazione e stabilità dei prezzi.

Questa manovra rappresenta una pura manna per gli operatori di borsa che possono contare su questo aiuto della mano pubblica. Dall’altro lato l’aspettata vittoria repubblicana alla camera dei deputati  contribuisce a dare la tranquillità di una politica di Obama più vicina a Wall Street.

 Nel week end il tema di un nuovo Bretton Woods, un nuovo gold standard, dopo che la proposta del segretario del tesoro Usa, Tim Geithner, di un controllo degli avanzi-disavanzi di stato ha lasciato la maggior parte dei paesi freddi, è stato riproposto dal presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick.

La Cina d’altra parte continua, dopo averlo fatto concretamente con la Grecia e con la Spagna, a dichiararsi pronta ad aiutare gli stati europei in difficoltà: nella visita in Portogallo di questo fine settimana il presidente cinese Hu Jintao si è infatti dichiarato pronto a investire in bond europei.

Da una parte per la Cina è sempre più strategica una diversificazione del suo portafoglio, sinora altamente concentrato in treasury americani, e dall’altra l’offerta di joint ventures e l’aumento di scambi bilaterali che Pechino offre agli stati europei la rende estremamente attrativa come partner commerciale, eliminando così ogni esitazioni alla cessione di partecipazioni anche significative e strategiche ad operatori del dragone.

L’atteso G20 di Seul di questa settimana da luogo di incontro-scontro sulle diverse posizioni in cui si sono arroccate USA e Cina dovrebbe diventare una piattaforma per agire in un contesto di coordinazione internazionale.  CI sono tutte le premesse per dare il via a un processo di riforme che porti verso un nuovo ordine mondiale.

Buon investimento a tutti

La valuta come arma

12-10-2010 – In un mondo che cambia velocemente è necessario  stare avanti agli altri.  Anche se non è possibile guidare gli eventi il più grave errore è diventarne succubi.   

Cavalcare il cambiamento può portare enormi vantaggi economici.  

Il direttore del Fondo Monetario Internazionale – Dominique Strauss Kahn – ha detto che i paesi non sono più cooperativi così come durante la crisi finanziaria e ci sono stati segnali espliciti che essi stiano cercando di usare le loro monete -come un’arma-.

Il dibattito riflette le preoccupazioni sulla crescita negli Stati Uniti e in Europa, dove le attività rimangono deboli e i policy makers sono a corto di opzioni per stimolare le loro economie.Con il costo del denaro su livelli così contenuti, il tasso di cambio può essere utilizzato come strumento per migliorare il commercio estero e nello stesso tempo dare slancio all’economia.

Il problema è che i paesi emergenti, che presentano un ampio avanzo commerciale, non sono disposti a consentire un apprezzamento delle loro valute. L’attenzione è focalizzata sulla Cina, che è accusata di detenere un ampio avanzo commerciale, a causa di uno Yuan sottovalutato.

Tuttavia, negli ultimi incontri tra gli Stati Uniti e l’Europa i funzionari cinesi hanno confermato la loro volontà di mantenere lo Yuan ancorato al Dollaro e di vedere poco spazio per significativi apprezzamenti della loro valuta.

La Cina sta continuando a intervenire sui mercati dei cambi, con un progressivo accumulo di riserve in valuta estera, che ammontano oggi a 2.250 miliardi di dollari, con un aumento del 15% rispetto allo scorso anno.

L’incremento delle riserve riflette due fattori:

· Un surplus della bilancia commerciale; e

· I flussi di capitali d’investimento, che si riversano nei mercati emergenti.

Questa non è una novità: la crescita in Asia è basata sulle eportazioni e ciò richiede una moneta competitiva, tanto da produrre per anni un accumulo di riserve.

Quando gli Stati Uniti e l’Europa erano in forte espensione sulla scia del boom del credito, questo non rappresentava un problema, in quanto i paesi emergenti rispondevano alla domanda dei consumatori occidentali.

Oggi, tuttavia, la situazione è diversa, in quanto i consumatori nei paesi sviluppati sono impegnati nella ristrutturazione dei propri bilanci e nella riduzione dei propri debiti, piuttosto che in nuovi consumi.

A nostro parere ci si può attendre un graduale apprezzamento delle valute emergenti, tra le quali lo Yuan. Sicuramente questo processo è utlile per aiutare a riequilibrare l’economia mondiale, ma non ci si può attendere che tramite questo canale trovino soluzione tutti i problemi di disequilibrio globale.

N.B. Prima di procedere ad investimenti è consigliabile contattare un Promotore Finanziario in grado di valutare la situazione patrimoniale del cliente e la propensione al rischio, aiutandola a selezionare gli investimenti più adeguati ed appropriati.   Il presenta articolo ha solo scopo informativo e non è da considerarsi suggerimento di investimento.

 

L’ Oro, da bene di rifugio ad alternativa valutaria??

08-10-2010 – Ormai da  diversi anni l’Oro rincorre nuovi record, 
è di questi giorni il superamento di 1300 US dollar l’oncia.  
 
Il prezzo dell’oro è attualmente sostenuto da diversi fattori, tra i quali lo squilibrio tra domanda e offerta, il comportamento delle banche centrali ed il crescente interesse  per la sua funzione di asset class all’interno di portafogli di investitori privati ed istituzionali.

Per quanto riguarda il primo punto, ossia i fondamentali del settore aurifero, va considerato che la produzione mondiale di oro ha raggiunto  il  picco nel 2001 e da allora è stagnante.

 

Sebbene nel corso del 2009 le minierenel loro complesso, abbiamo messo sul mercato circa un 7% di nuova produzione, il 2008 è stato l’anno in cui l’attività delle  stesse  è stata la più bassa dal 1996 e quanto detto si è verificato nonostante il prezzo dell’oro sia salito dai 250 $ ad oncia del 2001 ai 1.300 $ di oggi. Sebbene si rilevino alcuni miglioramenti, l’incremento della produzione a cui si è assistito nel 2009 non è sostenibile poiché molte miniere stanno ormai avvicinandosi al punto di esaurimento e la densità di oro estratta sta scendendo.

Alcuni gestori  stimano che il prezzo di produzione per oncia sia pari a circa 900 $ per oncia. Per quanto riguarda la domanda di oro, si devono registrare sensibili aumenti sia in Cina sia in India, soprattutto per quanto riguarda il settore della gioielleria. Tale fenomeno va messo in relazione alla progressiva affermazione della classe media ed il conseguente aumento del reddito disponibile in questi paesi.

Va inoltre segnalato  che esiste attualmente una forte componente stagionale a sostegno del prezzo dell’oro. Stiamo infatti entrando in un periodo in cui la domanda da parte del settore della gioielleria è particolarmente forte in virtù della cd “wedding season” in India e della ricorrenza di Diwali, una delle principali feste induiste, che si festeggia nel mese di ottobre e novembre. Il secondo elemento da considerare per spiegare il rialzo del prezzo dell’oro è l’attività delle banche centrali. Dopo circa un decennio di continue vendite di oro da parte degli istituti occidentali, soprattutto quelli europei, si assiste ad un’inversione di tendenza. 

 

Dal 2009 infatti si è passato da vendite nette ad acquisti netti. Quanto detto assume maggiore importanza perché si verifica nel momento in cui le banche centrali dei paesi emergenti hanno favorito un processo di diversificazione delle riserve valutarie, che ha avuto come conseguenza  la vendita di dollari e l’acquisto di oro. Si citano ad esempio gli acquisti dell’India (200 tonnellate dal FMI), della Russia, dell’Arabia Saudita, di Mauritius e di Sri Lanka.

 

L’oro sta diventando un asset di riserva molto importante, alternativo alle principali valute internazionali, in un momento in cui il ruolo del dollaro USA quale principale valuta di riserva internazionale sta venendo meno.

 In base ad un report del World Gold Council, pubblicato lo scorso 25 agosto, la domanda di oro per finalità di investimento è salita nel secondo trimestre a 534 tonnellate, il secondo maggior risultato di sempre, che corrisponde ad un incremento pari al 118% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

 

Poiché permangono timori sulla stabilità della ripresa economica globale, gli investitori continueranno  a  considerare l’oro per la sua funzione di bene rifugio e di valuta di riserva alternativa (anche in considerazione dell’elevata volatilità registrata sul mercato valutario). Per quanto riguarda i fondamentali, permangono condizioni in cui la dinamica dell’offerta è debole rispetto a quella della domanda, con la produzione delle miniere in declino dal 2001.

Le banche centrali sono oggi attori importanti del mercato aurifero e, come evidenziato dal World Gold Council Report, negli ultimi cinque mesi sono state acquirenti nette di oro.  

 

Con l’oro saldamente sopra 1200 dollari USA per oncia un numero sempre maggiore di aziende dispone delle necessarie fonti di autofinanziamento per puntare alla crescita ed aumentare i pay-out per gli azionisti.

 

N.B prima di ogni investimento si consiglia di consultare un Promotore finanziario in grado di valutare la situazione finanziaria e misurare la propensione al rischio, consigliando in questo modo prodotti e servizi d’investimento adeguati ed appropriati.

 

La guerra delle Valute

08-10-2010 – Le varie scuole economiche

sono per lo più concordi nell’affermare che i tassi di cambio nel lungo periodo si equilibrano e per tanto le valute non costituiscono un valido strumento di investimento nel lungo termine. Ciò può essere vero nel lungo, ma nel breve le valute possono causare vere proprie “stragi finanziarie” e oggi vi sono diversi aspetti che vanno in questa direzione.

Il mercato valutario è il più grande e liquido mercato finanziario al mondo, attivo 24 ore su 24, su cui si scambiano giornalmente più di 3’000 miliardi di USD.

L’abbandono prima del Gold Standardintrodotto nel 1821 dall’Inghilterra che prevedeva che la valuta di ogni stato fosse direttamente proporzionale alle sue riserve aurifere- e poi di Bretton Woods -creato alla fine della 2a guerra mondiale che prevedeva cambi fissi, ma rivedibili, di una quarantina di valute con l’USD il quale manteneva il Gold Standard- nel 1970 ha rimesso la determinazione dei tassi di cambio tra le valute nelle mani del mercato finanziario, di cui le banche centrali sono uno dei tanti operatori, a volte potente a volte meno.

La situazione di oggi è particolarmente pericolosa perchè è la prima volta, dopo la fine di Bretton Woods, che le principali economie mondiali – Usa, Europa e Giappone – si trovano simultaneamente in una fase di grande debolezza economica, nonostante immensi pacchetti di spesa pubblica per stimolare l’economia che hanno innalzato pericolosamente l’indebitamento pubblico. La strada della svalutazione competitiva, che al momento ha portato un po’ di respiro alla Germania, sembra quella più appetibile per i governi occidentali.

Gli USA, coi discorsi di Bernanke, si preparano invece a spingere il bottone dell’inflazione: tutto per tentare di risollevare economia ed occupazione. Il preannunciato quantitative easingQE: la stampa di denaro per l’acquisto di titoli di stato da parte della FED per inondare il mercato di liquidita’-, che Bernanke si é dichiarato pronto ad effettuare, dovrebbe spingere in alto l’inflazione, indebolendo il dollaro e quindi favorendo esportazioni e risollevando i mercati azionari. Un po’ quello che e’ successo recentemente in Germania con l’euro, solo che da noi sono stati i PIGS a fare il lavoro al posto della banca centrale.

Mentre l’economia non riprende il volo i mercati si inondano di liquidità, interessante al riguardo l’analisi di Robet Reich, ex segretario al lavoro USA, il quale sostiene che il quantitative easing non risolleverà la domanda -il cavallo che non vuole bere di Keynes, la trappola della liquidità- in quanto i privati gia indebitati e insicuri non aumenteranno il debito per consumare di più ma dall’altra parte come sta gia avvenendo le corporations utilizzeranno questa liquidità quasi a gratis per acquisizioni e ristrutturazioni che si tradurranno in ulteriori licenziamenti. Ciò fara senz’altro bene al loro bilancio e all’andamento die loro titoli, un po’ meno a chi resterà a casa dal lavoro. Del resto anche puntando su di un indebolimento del dollaro e aumento dell’export resta da dimostrare che l’effetto sulla disoccupazione sarà sostanziale: guardando alla situazione in Germania qualche segnale pare ci sia ma vedremo solo tra qualche mese se le maggior esportazioni si tradurranno in stabile crescita interna e aumento dell’occupazione.

I rischi del QE?

teoricamente nessuno, se dopo la ripresa la FED prosciugherà rapidissimamente l’eccesso di liquidità spegnendo sul nascere l’inflazione, l’operazione però mi sembra come il dare fuoco ad un palazzo per far crollare le porte bloccate e spegnere subito dopo l’incendio per salvarne gli inquilini imprigionati dentro: teoricamente può funzionare… È però necessario anche domandarsi che atteggiamento avranno nel mentre gli operatori finanziari con una prospettiva di gara alla svalutazione tra dollaro ed euro e il miraggio di valute promettenti come, oltre al franco svizzero -cresciuto di oltre l’8%, quelle dei paesi emergenti.

La risposta l’abbiamo gia avuta nei mesi passati: col progredire della crisi e le incerte prospettive di recupero delle principali economie mondiali ingenti flussi di investimenti hanno iniziato a spostarsi verso i paesi emergenti. Il Real brasiliano ad esempio è salito da inizio anno del 35%.

Le banche centrali che negli anni passati hanno spesso agito in concerto per limitare gli effetti della speculazione si trovano a combattere una guerra tra di loro per cercare di avvantaggiare ciascuno il proprio paese con un pazzesco gioco a teorica somma finale zero, ma durante il quale vi saranno forse morti e feriti. 

 Lo stesso Brasile si vede costretto a tentare di difendere il suo vantaggio competitivo. Ma quale possibilità di successo ha la banca di un singolo paese, magari di un economia “emergente”, di contrastare i flussi di investimento valutari internazionali? In parte molti paesi stanno pagando la sottovalutazione competitiva cinese  –secondo stime la Cina starebbe comprando mediamente 1 miliardo di USD al giorno da oltre 5 anni 2-.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy, in previsione del turno francese di presidenza del G20 a partire dal prossimo novembre, sta già da un anno intrattenendo colloqui con la Cina per preparare il terreno ad una discussione sullo yuan, mentre gli USA, al sinora imperturbabile atteggiamento cinese, hanno risposto con l’approvazione, la scorsa settimana, da parte della Camera di una legge che autorizza il governo a imporre sanzioni ai paesi con valute giudicate troppo deboli.

 

Tenetevi forti la guerra delle valute é appena iniziata,

resta a voi la scelta di cogliere le opportunità e guadagnarci dei soldi, oppure chiudervi nella TRAPPOLA DELLA LIQUIDITA’ ed i vostri soldi saranno erosi dall’inflazione.

 

N.B. Prima di ogni investimento consigliamo di contattare un promotore finanziario esperto, in grado di valutare la vostra situazione finanziaria e misuare la vostra propensione al rischio, suggerendovi gli investimenti più appropriati ed adeguati.

Le sfide del decennio 2010

30-08-2010 – ECONOMIA ED INVESTIMENTI: UN MONDO CHE CAMBIA  CON POCHE MATERIE PRIME …   

Il decennio appena iniziato inizia all’insegna di incertezza, crisi finanziarie e scarsità di  lavoro…..ma è così veramente o qualcosa ci sfugge ????  

Immaginiamo di trovarci nel punto più basso di una vallata, da quel punto potremmo osservare solo le montagne che ci circondano ed avere l’impressione che la realtà sia solo quella delle poche decine di metri che possiamo vedere.       

Se invece ci trovassimo su di un elicottero potremmo vedere non solo la vallata ma anche il territorio circostante, la città vicina, i paesini, il mare.   

Poniamoci una domanda:  C’è una realtà diversa da quella che percepisco?  E se si, quale?  

Insomma il nostro punto di osservazione cambia sostanzialmente la realtà che osserviamo, nel decennio 2010-2020 raggiungeranno i propri obiettivi solo coloro che riusciranno ad avere una visione globale del mondo che cambia, individuandone in anticipo  i cambiamenti. 

Ed il mondo si evolve con una velocità mai vista in precedenza.

 

Uno dei temi che ho già individuato dieci anni or sono e che ha fatto guadagnare molti soldi a me ed ai miei clienti è il tema collegato ai mutamenti economici globali.

L’Asia, il Brasile, e residualmente l’Africa vedono la loro economia crescere a tassi enormi, crescono i centri urbani, crescono gli occupati, crescono i redditi, sempre più persone povere escono dall’indigenza per avvicinarsi ad uno stile di vita occidentale (consumistico).   L’aspetto particolare è che si tratta di diversi miliardi di potenziali nuovi consumatori, mentre gli attuali consumi occidentali riguardano solo meno di un miliardo di abitanti del pianeta Terra.

Miliardi di persone che desiderano e desidereranno una casa, una lavatrice, uno scooter, un’automobile, una tv, uno stereo, un computer ecc.     Insomma costoro desidereranno le stesse cose che noi possediamo già.

Per questo motivo il  decennio ci consegnerà  un mondo totalmente diverso, i consumi e l’economia saranno sempre più orientali, in queste aree consumi ed economia cresceranno a ritmi esponenziali mentre i Paesi Occidentali dovranno ricavarsi un nuovo ruolo in questa nuova realtà che è destinata a non avere  più come “ombelico del mondo”  New York.   

E’ molto difficile disegnare i contorni di questa immagine del  mondo nel 2020,  individuare i dettagli del cambiamento richiederebbe doti divinatorie, ciò che può essere “facile” immaginare è invece il tema di investimento che ha maggiori probabilità di vederci vincenti.

Se il decennio 2010-2020 vedrà miliardi di persone avere  accesso al consumo, serviranno milioni di tonnellate di rame, ferro, acciaio, argento, petrolio, gomma, silice.  Le materie prime sono indispensabili per produrre i beni di consumo e con la crescita della domanda si dovrà assistere ad un’inesorabile crescita dei prezzi.

Ecco quindi il tema di investimento più facile e con maggiori probabilità di successo:  Le materie prime e le aziende che le producono.

 Ci sono molti modi per approcciarsi a questa tipologia di investimento, ma solo in colloquio con un consulente esperto potrete selezionare i giusti strumenti,  valutare la vostra propensione all’investimento, il profilo di rischio, l’orizzonte temporale; insomma valutare l’adeguatezza e l’appropriatezza dell’investimento alla vostra situazione personale e patrimoniale. 

Buon investimento a tutti i lettori.

  

Investimenti in velocità

22-07-2010 – La velocità di cambiamento sembra la nota distintiva principale dell’economia e dei mercati finanziari.  

Importanti novità stanno nascendo per limitare le speculazioni ed il -moral hazard- delle Banche e degli operatori finanziari, ma le modifiche  per ovvi motivi non possono essere così veloci quanto il mercato.  Siamo tuttavia sulla buona strada, lentamente e con qualche crisi verremo traghettati verso una nuova fase di  espansione destinata a consegnarci un mondo totalmente diverso da quello che conosciamo. Il mondo cambia più velocemente di quanto i nostri modelli economici riescano ad interpretare.

L’attuale dibattito sullo stressare misure di austerity piuttosto che politiche di espansione keinesiane sta mancando il problema che è sempre più di natura politica.

La società occidentale è arrivata – nella sua media – ad un livello di benessere che è difficile aumentare sostenibilmente ai tassi di crescita del passato: ma purtroppo siamo restii ad ammetterlo. La nuova crescita si potrà ritrovare nel miglioramento del sistema di welfare e –civilizzazione- della società. Tra poco la Cina non avrà più bisogno dei macchinari tedeschi e dei consumatori americani, ma probabilmente il suo modello di capitalismo di stato potrà incontrare delle difficoltà e in quel momento solo un occidente compatto e con sistemi di goverance evoluti potrà intervenire per ripristinare l’equilibrio. Venendo ai mercati, la caduta degli indicatori che misurano la confidenza dei consumatori di venerdi (consumer sentiment survey di Reuters  e University of Michigan) – che hanno negativamente inciso sulle borse -, così come lo studio di AlixPartners (riportato anche dal FT di oggi) non fanno che confermare un quadro di insicurezza e lenta ripresa economica. La fase di relativa tranquillità che hanno attraversato i mercati finanziari nelle ultime settimane è stata favorita da una percezione di attenuazione del rischio nell’area Euro (anche a seguito delle prime manovre di “deficit cut” effettuate da alcuni Governi Europei).

Nell’ambito di questo scenario  in cui la volatilità rimane pur sempre a livelli storicamente elevati la gestione del rischio è il fattore chiave di  successo.Lo scenario è più incerto e sinceramente fare delle previsioni su quello che faranno le borse da qui a settembre è estremamente difficile. 

La massima probabilità propende per un mercato laterale con un’impennata di volatilità in corrispondenza con dati particolarmente positivi o particolarmente negativi.

Detto ciò abbiamo comunque alcune convinzioni che ha senso riportare.Per l’investimento azionario fa senso prediligere grandi società con solidi business ampiamente diversificati sui paesi emergenti in settori difensivi come i consumer staples. Questi titoli –value- (in cui i nostri omologhi fondi value tipicamente investono) hanno ancora quotazioni che non esprimono il loro pieno potenziale.  Per la parte bond ha senso una diversificazione in corporate bond dei mercati emergenti e in titoli ad elevata capacità  di generazione di cash il cui  premio di rendimento è più che giustificato dal rischio.Infine per l’investimento in materie prime il rame, che ha sofferto una fase di debolezza dall’inizio dell’anno, rimane positivamente correlato con il ciclo infrastrutturale dei mercati emergenti quali la Cina ed è quindi interessante. Una gestione attiva è comunque sempre preferibile.

La scorsa settimana abbiamo abbassato la quota equity sul rimbalzo e iniziato ad introdurre nei portafogli l’indice di volatilità (vixx) in attesa di una sua ripresa.Un mercato che cambia velocemente richiede all’investitore il possesso di una strategia vincente di fondo e una rapidità di cambiamento tattica. 

Gli approcci da cassettista fanno parte di un mondo che non esiste più ed espongono a rischi incontrollabili.   

 

NOTA BENE : il presente articolo ha finalità esclusivamente informative ed educative. Il contenuto non va preso come un suggerimento di investimento.  Per avere consigli di investimento è indispensabile rivolgersi ad un consulente finanziario che consiglierà solo dopo aver valutato situazione patrimoniale, esigenze, obiettivi e propensione al rischio del cliente.

 

Perché il dollaro è tornato forte… quando finirà  questa fase di rafforzamento?

18.05.2010 – Le motivazioni della forza del Dollaro sono da ricercare nelle felici scelte di politica economica varate dal governo Usa nella fase di profonda crisi successiva al fallimento di Lehman Brother.  Tali scelte hanno portato a una ripresa dell’economia USA sulla cui durata non è possibile azzardare previsioni. Ma diamo uno sguardo ai dati economici 

La ripresa negli USA continua a pieno ritmo, non piùspinta semplicemente dagli approvvigionamenti ma anche dai miglioramenti degli indicatori per occupazione, vendite immobiliari e spesa al consumo. Il prodotto interno lordo reale (PIL) èaumentato ad un ritmo annualizzatodel 5,6% nel quarto trimestre del 2009, il ritmo piùveloce in sei anni. Alcune previsioni indicano un dato superiore al 4% per la crescita annua del PIL nel primo trimestre del 2010. Tale ritmo potrebbe non essere facile da mantenere per tutto il 2010. Tuttavia il miglioramento della ripresa èevidente, e le previsioni di consenso sul fatto che l’economia USA cresceràdel 3,1% nel 2010 lasciano pensare che si allontani lo spettro di una crescita lenta per l’america. Grazie al fatto che i consumatori americani iniziano a spendere nuovamente (anche se il debito delle famiglie diminuisce), si riaccendono le speranze che le aziende americane contribuiranno a sostenere il tasso di crescita della ripresa. Sicuramente èaumentata la fiducia verso l’azienda america nel suo complesso. Dopo l’accumulo di liquidità, le societàUSA hanno i mezzi per iniziare nuovamente a spendere. In altre parole, di fronte ad una forte ripresa, le societàamericane potrebbero invertire il trend degli ultimi anni ed iniziare ad aumentare stipendi, scorte e i programmi di spesa capitale.Con la crescita degli stipendi ancora bassa e la disoccupazione relativamente alta, il dato d’inflazione inflazioneanno su anno (CPI) del 2,3% a Marzo non costituisce una minaccia immediata alla ripresa; i rendimenti dei benchmarkobbligazionari, sebbene abbiano bucato la soglia del 4% non destino ancora preoccupazione seria. L’S&P500 ha chiuso sopra i 1,200 punti a metàaprile spinto dai forti utili societari, tra cui quelli di primo trimestre delle banche di WallStreet.

C’è da dire che tale fase di euforia non dovrebbe durare ancora a lungo.  Il forte apprezzamento del DOLLARO è di per se un fattore che genera minore competitività rispetto alle aziende Europee. A questo aggiungiamo le problematiche di un sistema finanziario troppo “VIRTUALE” nel quale si è perso il contatto tra denaro circolante ed “ECONOMIA REALE”.

Molte sono le riforme che attendiamo per rilanciare una nuova fase economica più stabile, ma ci vorranno almeno 10 anni.  Vivremo quindi ancora per molto tempo veloci cambiamenti e rivoluzioni di mercato.  Possedere una piattaforma di investimento flessibile e veloce, supportati da un consulente esperto e capace, farà la differenza tra un risparmiatore ed un’altro.

 

Dr Luciano AMato

A un passo dalla fine dell’Euro.

18.05.2010 – Oggi lunedì  17 maggio, i ministri finanziari dei Paesi Euro iniziano a discutere della proposta di riforma del patto di stabilità e valutare le misure annunciate da Spagna e Portogallo. 

Il parametro del debito, fissato nei trattati al 60%, ma di fatto in previsione per la media dell’Eurozona all’88.5% nel 2011, sarà un tema centrale.  In parole povere un paese non potrà andare oltre un certo limite di indebitamento a tutela della stabilità del sistema.  Il presidente della commissione UE Barroso lo scorso mercoledì ha espressamente detto che non si può avere l’unione monetaria senza avere l’unione economica e che se i governi non si sentono di perseguirla sarebbe meglio dimenticare la moneta unica.

Tra le varie proposte avanzate vi è ala punizione tramite una cauzione per paesi con debito superiore al 100% -oggi Grecia, Italia e Belgio- se il calo del debito non sarà allineato a un benchmark da definire. Un altro punto caldo è il rafforzamento di sorveglianza e coordinamento dell’unione sulle politiche di bilancio nazionali che dovrebbero essere sottoposte all’approvazione di Bruxelles nella prima parte di ogni anno e quindi fornire la guida per la preparazione delle finanziarie nazionali.

La Germania, che l’anno scorso ha incorporato nella sua costituzione una legge frenadebito che dal 2016 fissa allo 0.35% e dal 2020 a zero il massimo deficit consentito al governo federale, spinge per un comportamento analogo degli altri paesi dell’Eurozona e ha già riscosso commenti favorevoli dall’Austria.

Oltre al pacchetto che verrà discusso nella notte, un elemento di rilievo delle iniziative prese per salvare l’euro e che evidenzia un sostanziale cambiamento di atteggiamento, è la manovra della BCE che, abbandonando l’impostazione finora avuta, si è (forzatamente) dichiarata pronta ad intervenire sul mercato comprando titoli (quantitative easing) e tollerando una possibile maggior inflazione che contribuirebbe a calmierare le pressioni del debito e le differenze tra nord e sud Europa. Sia che la BCE monetizzi il debito pubblico stampando nuova moneta, sia che, come dichiarato anche per cercare di evitare stimoli inflazionistici, “sterilizzi” gli acquisti di debito dei paesi più in difficoltà ritirando liquidità dalle economie più forti (penalizzandone quindi la crescita) gli effetti vanno nella direzione di indebolire l’euro

Siamo dinanzi ad una fase si profonda revisione del sistema economico mondiale, ciò ci porterà a sfide che richiederanno una adeguata diversificazione e scelte frequenti di cambio tattico di investimento.    Più che mai un consulente esperto e competente potrà fare una grande differenza rispetto a scelte di conservazione del capitale, laddove la principale tipologia di investimento a rischio diventa proprio l’obbligazione governativa. 

 Dr Luciano Amato