La rivolta dei Paesi Africani e le conseguenze sulla finanza

01.02.2011 – E’ di questi ultimi giorni lo scoppio delle rivolte popolari nei paesi del Nord-Africa.   Tutto è iniziato in Algeria per poi sconfinare in Tunisia  e poi in Egitto.

Le conseguenze di questi fatti potrebbero essere drammatiche e comunque segneranno un profondo cambiamento.

Tutto nasce da una improvvisa impennata del prezzo dei beni di prima necessità.  In quei paesi gli stipendi medi sono compresi tra i 3000 e i 6000 euro annuali.  Un aumento dei beni alimentari per molti significa non poter comprare da mangiare e non poter permettersi nulla, per questo sono scesi in piazza, per manifestare il loro dissenso verso governanti che accumulano ricchezze immense, si lavano in lavandini d’oro, viaggiano in ROlls Royce e danno feste faraoniche.

Ma veniamo ai risvolti economici:

1)quando le tensioni iniziano in Egitto storicamente tendono ad espandersi nei paesi orientali

2)i paesi del nord-africa e del medio oriente sono il serbatoio più importante di petrolio

3)lo scoppio di una rivolta porterebbe ad una nuova impennata verticale del prezzo del petrolio, riaccendendo in maniera esplosiva la miccia dell’inflazione

4)le operazioni di quantitative-easing varate da USA e UK già hanno riavviato un processo inflattivo, se non venisse posta sotto controllo l’attuale fase di guerra sociale ciò comporterebbe seri problemi per la ripresa economica.

Se questo fosse lo scenario si aprirebbe una nuova fase di forte volatilità con un’impennata del prezzo delle materie prime e conseguentemente di tutti gli altri beni.  Ciò causerebbe un violento rialzo dei tassi d’interesse e grosse perdite per i detentori di obbligazioni a tasso fisso, alcuni settori azionari sarebbero invece oggetto di un veloce rally.  Nel medio termine ciò comporterebbe nuove tensioni sociali ed una nuova caduta verso una recessione.

Per disinnescare questo ordigno si tenterà in tutti i modi di creare una rapida successione ai governanti che saranno defenestrati dal movimento popolare, nella speranza che personaggi con maggiore moralità possano creare quel meccanismo di riforme utile ad una crescita dei livelli occupazionali.

Se ciò si dovesse verificare l’impennata dei prezzi sarebbe di breve per poi parzialmente rientrare in parametri normali, l’inflazione sarebbe comunque in salita ma senza forti scossoni, i tassi ugualmente in lenta salita.  La crescita dei dati di occupazione porterebbe una fase di progressiva risalita dei consumi riaccendendo la speranza di una progressiva uscita dalla crisi post-Lehman. 

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